Eco di Bergamo – 03-03-2021
Servono interventi strutturali. Più di 20 mila lavoratori sono a rischio.
“Mala tempora currunt.”
Nel 2021, il rischio di finire in povertà assoluta in tutta la Bergamasca potrebbe riguardare migliaia di persone in più rispetto al 2020. Chi rischia di più è chi ha perso lavoro o chi è ora in cassa integrazione e particolarmente esposti sono coloro che operano in settori cosi detti poveri, a partire da chi agisce nei multiservizi, nel turismo, nei pubblici esercizi e in una parte del terziario. Parliamo di ben più di 20000 persone nella sola provincia di Bergamo, lavoratori che potrebbero trovarsi disoccupati appena sarà tolto il blocco dei licenziamenti. Sono questi dati estremamente pesanti che meritano particolare attenzione da parte di tutte le istituzioni.
Siamo di fronte ad una situazione potenzialmente drammatica affermano Mario Colleoni, Diego Lorenzi e Anila Cenoli Segretari Generali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. Il calo di assunzioni e le chiusure di rapporti lavorativi nei settori del turismo, pubblici esercizi e in parte del terziario incidono già oggi pesantemente, questo significa che la crisi sta colpendo i lavoratori che già prima della pandemia erano definiti fra i più fragili, che operano in comparti in cui l’occupazione è spesso frammentata, con redditi generalmente più bassi rispetto ad altri settori e che necessitano di importanti misure di protezione. Bisogna intervenire subito continuano i sindacalisti con misure tempestive e immediate per non rischiare una vera e propria emergenza sociale.
Dobbiamo andare oltre l’illusione che si uscirà da questa crisi rapidamente. I dati legati alla crescita del nostro Paese negli ultimi anni ci dicono che se non ci sarà un importante cambio di paradigma ci vorranno molti anni. Anche quando sarà conclusa l’emergenza sanitaria, purtroppo tutt’ora in essere, la nostra economia dovrà fronteggiare un periodo molto complesso, dove oltre a salvaguardare il valore del lavoro, sarà necessario offrire occupazione di qualità, in controtendenza rispetto a quanto accaduto negli ultimi anni, dove a crescere è stato il cosi detto lavoro povero.
Oggi concludono i sindacalisti è necessario agire su più fronti, a partire dalle misure di sostegno al reddito per i lavoratori e le famiglie in difficoltà, valorizzando il tema delle politiche attive del lavoro, operando per ottenere dallo Stato le risorse del Recovery Fund utili al nostro territorio, cosi come agire sul piano delle politiche industriali sarà fondamentale per dare un impulso alla crescita economica e dunque alla creazione di nuovi posti di lavoro, aumentandone in primis la qualità.
Il vero cambio di passo sarà visibile solo se ci saranno delle direttrici diverse dal passato, più orientate alla creazione di lavoro di qualità e funzionali ad attrarre investimenti in settori ad alto valore aggiunto per il bene del territorio e dei cittadini che quotidianamente danno un contributo fondamentale alla vita dello stesso. Urgono riforme organiche che influiscano sul mondo del lavoro, per la tutela dei lavoratori e per la crescita delle imprese a partire dai settori più colpiti dalla Pandemia.